Gruscenko
Si si, la nostalgia canaglia.
Bambino nell'immediato dopoguerra, la Coca Cola non tirava molto. C'era, ma la gente beveva nostrano. Prima di tutto gli sciroppi (menta, orzata, granatina) con acqua di rubinetto o acqua gasata (con sovrapprezzo). Solo chi è nato dopo gli anni 70 beve acqua naturale, per gli altri la gasata è il lusso conquistato. La spuma era rigorosamente nera. Solo più tardi sono arrivate le spume colorate. Poi c'erano vari tipi di bibite scomparse. Una era il Pack Soda, verde smeraldo, alla menta. Ma ad imperare erano le gazose, ognuna col suo gusto, più zuccheroso, più limonoso. Ho mancato per un pelo la famosa gazosa con la baleta, cioè col tappo fatto da una pallina che la pressione interna spingeva a otturare il collo della bottiglia e che tu dovevi schiacciare con la forza del pollice per liberare la fuoruscita del liquido. Per i raffinati e gli amanti del liberty Gazosa e tamarindo era il top, una bevanda degna di Gustav Klimt. Esisteva una scala di valori che andava al di là dei gusti personali. L'aranciata era rigorosamente San Pellegrino (ora la Nestlé ha cambiato la ricetta), il chinotto era Recoaro. Poi c'erano Oransoda e Lemonsoda, fuori quota al punto che le grandi multinazionali sgomitavano per comprare la fabbrica a farla chiudere. Ricordo la birra Poretti in confezioni talmente minuscole da sembrare mignon. Dimenticavo la Cedrata, che ai tempi era piuttosto diffusa. È sopravvissuta soltanto la mitica Tassoni che ormai veleggia nei pressi dei 50 euro al litro. In Ticino è sopravvissuta come cult la gazosa al mandarino. Sono discorsi che può capire solo chi ha bevuto almeno una volta in vita sua un chupito di liquore Strega, anche se per caso gli facesse schifo. Il mio ultimo fu in un bar del centro di Milano. Entro e su uno scaffale, in cima, tutta impolverata, vedo un'inconfondibile bottiglia di liquore Strega. Chiedo al ragazzo ma lui non sa cosa sia. Allora gliela faccio tirare giù e gliela faccio aprire e bevo quella sorta di liquore alle erbe, che sa di vecchie zie con la tovaglia di merletti. Non sapeva cosa farmi pagare la bibita, non ce l'aveva in nota. Così si è regolato su prezzo del cognac. Altra mitica, ristorante Paiolo, Milano, via Fara. Mettevano il fiasco di Chianti sul tavolo, al consumo calcolato a occhio, come si faceva una volta. Casualmente guardo la carta dei vini e vedo il Tignanello dell'86 (eravamo all'inizio degli anni 90) a 60mila lire la bottiglia. Siccome ci andavo abitualmente e non volevo approfittare, ho chiamato il proprietario e l'ho informato che forse c'era un errore, visto che il Tignanello lo vendevano a non meno di 100mila lire il più recente e che l'86 era un'annata pregiata, di poco inferiore all'85. E lui mi dice che si è fatto fregare ad ordinarlo anni prima, che la gente da lui beve Chianti al consumo mica quel vino da fighetti, che è stufo di averlo in cantina e che lo sta liquidando al prezzo che lo ha pagato lui. Ho preso un paio di cartoni e ho telefonato a vari amici interessati. Purtroppo non avevo il telefono di Mister No. Gli abbiamo portato via tutte le bottiglie, con ulteriore sconto, e ancora ci ringraziava.
Certo che parlare di bibite è più rilassante che parlare di Genoa.