Mister No
Missione compiuta. Era una partita facile. 50mila spettatori a seppellire la loro squadra sotto responsabilità supplementari e un allenatore doriano a mettere ulteriore pressione. Una volta tanto la parte sacrificale del Genoa delle adunate oceaniche e delle partite della vita la fanno gli altri. Infatti dopo un paio di minuti il Genoa è già in vantaggio. Il Bari fa quello che deve fare, ma non è più pericoloso di quanto lo siano i nostri in contropiede. L'assoluta tranquillità viene incrinata da Martinez, il portiere dilettante che fa le parate ma non sa dirigere la difesa. Così guarda la palla e quando arriva il cross telefonato né accorcia in uscita né chiama l'uomo al difensore. Bel gol amatoriale da scapoli e ammogliati. Per fortuna nel secondo tempo Gudmund decide, per un'univa volta, di tirare al volo invece di tentare una giocata dentro l'area, come aveva invece fatto in altre due occasioni. E tirare spesso significa gol. Il Bari tenta la disperata rimonta, ma francamente mi è parsa una squadra folcloristica, con le migliori individualità votate a giocare da sole. Peccato, perché solo in Italia una piazza di queste dimensioni può rimanere relegata in serie B. Smetto di guardare quando entra Sturaro. Non per colpa di Sturaro, ma solo perché mi salta il collegamento. Finché ho visto, ho visto un Genoa ordinato, con le due sottopunte strette nel corridoio centrale, come nel Genoa di inizio campionato. Se qualcuno l'ha registrata, lo prego di guardare la partita seguendo solo Frendrup. Una lezione di sapienza calcistica e di stile. Bene Puscas a lavorare là davanti, dove in effetti un centravanti serviva. Gudmund ha da studiare ma parte da buone basi. Ho contato un numero spaventoso di palle perse in ripartenza dalla difesa, con Sabelli e Martinez soprattutto. Il girone d'andata è finito. Ora basterebbe un girone di ritorno del tutto analogo per mantenere il vertice. A quanto pare la classifica non era lo scopo prioritario del girone, ma le faide interne. Con Gilardino che sfrutta le presunte scorie lasciate da Blessin senza troppi cambiamenti, la squadra ha una sua quadratura. Niente di trascendentale, ma va bene così. Forse ce la facciamo a lottare per il vertice anche senza Andreazzoli, giustamente invocato dagli esperti come maestro di calcio champagne.