In Kenya, come in tutto il Corno d’Africa, il 2022 è stato l’anno più terribile degli ultimi 70, almeno così dicono gli storici. Essendo questo un continente giovane, dove l’età media non supera i 35 anni, direi che quasi nessuno ricorda una stagione disastrata come quella appena trascorsa.
E purtroppo non ci sono segnali di miglioramento. Il grosso problema sono le piogge, che mancano in maniera costante e copiosa da ormai quattro anni. Le grandi piogge di aprile-giugno si sono trasformate nelle piccole piogge (che di solito arrivano invece ad ottobre-novembre) e le piccole piogge sono praticamente scomparse.
I keniani in gran parte vivono nelle aree rurali, se si eccettua la capitale Nairobi che si prende un decimo circa dell’intera popolazione del paese. Agricoltura e pastorizia sono le attività principali. Ma senza acqua non cresce quasi nulla e gli animali non hanno né da bere né da mangiare perché scarseggia anche l’erba.
Così è arrivata la più grande carestia di sempre, sono già morti 500 mila capi di bestiame e per molte famiglie significa non avere più fonti di reddito, latte per i figli e l’unica vera ricchezza nella loro infinita povertà, oltre al sorriso che si trasforma ogni giorno di più in una smorfia di sofferenza e rassegnazione.
Anche gli animali della savana risentono di questa grave crisi climatica: quest’anno sono morti più di 300 elefanti per cause non legate al contrabbando d’avorio, più centinaia di zebre, giraffe e gazzelle.
Ma, disgrazia superiore, sono le persone ad iniziare ad essere a rischio. Nonostante gli aiuti umanitari e nonostante ogni associazione, cooperazione e istituzione stia facendo convergere i propri sforzi sull’emergenza alimentare, gli anziani e i bambini stanno male. Nelle regioni del nord si sono verificati i primi casi di decessi per mancanza di sostentamento.
Nell’entroterra di Malindi, dove io e Leni abbiamo a che fare spesso con le popolazioni locali, ci sono stati segnalati episodi di cui in 32 anni di Kenya non avevo mai avuto notizia: i giovani studenti delle scuole primarie svengono in classe per mancanza di cibo. Alcuni non si presentano alle lezioni perché vengono mandati dalle famiglie nella foresta, con tutti i rischi che questo comporta, a cercare radici, foglie, addirittura piccoli topi “campagnoli” da arrostire per sopravvivere.
I nostri ragazzi della scuola calcio di Mister Badili hanno un supporto base, ma anche questo non è più sufficiente, non solo perché a casa non trovano neanche un pasto, ma perché le donazioni per l’Africa sono calate vertiginosamente dopo l’inizio della guerra in Ucraina.
Ci stiamo inventando ogni tipo di iniziativa per raccogliere fondi, utilizzando tutte le “armi” a disposizione, dalla musica ai libri, dalle foto di Leni ad altro.
Noi continuiamo a fare il massimo per convogliare aiuti e devo ringraziare alcuni GIR che a Natale ci inviano sempre un piccolo contributo. Quello più importante quest’anno invece come sempre viene destinato all’ultimo anno di università del nostro “capitano” Joseph Nyababwe, che da gennaio ricomincerà a studiare a nord del Paese. Le spese, esami compresi, sono più alte dell’anno scorso, ma grazie a qualche donazione extra di amici genoani, riusciremo a pagarle. Rimane, mese per mese, da pagare l’affitto della sua piccola casa, dove al ritorno da scuola può studiare, cucinare e dormire. Tra tutto, 50 euro al mese.
La situazione è critica davvero, ma ce la faremo.
Dal Kenya un affettuoso augurio di buone feste e sempre grazie per essere vicini a questa realtà così lontana da voi, ma così vicina al vostro cuore.
Freddie (Delcu)