Mister No
Si torna in campo dopo una settimana indimenticabile, che ha sancito matematicamente la nostra promozione e l'altrui retrocessione. Matematicamente, aritmeticamente, storicamente e soprattutto filosoficamente.
Non c'è l'ansia del risultato, salvo l'illusione della rincorsa al primo posto, a cui non crede realmente nessuno. E senza il drammatismo della classifica, credetemi, il calcio è uno degli sport più noiosi, perfino più noioso del tennis e dell'ippica 😉
A giochi fatti, Gilardino si toglie la maschera e mostra il suo vero volto: È quello di Aldo Moro, l'uomo del compromesso. Fa la rivoluzione, il Gila, ma senza esagerare. Una rivoluzione a metà. Difesa riconfermata, attacco inedito. Il Frosinone vuole fare la partita, finché il vero numero 10 del Genoa riceve un rinvio della difesa frusinate, lo controlla e inventa un tiro imparabile, da 35 metri, che fa la barba alla traversa e si infila in porta. È il numero 10, ma non si tratta di Aramu, che lo porta sulla schiena, ma non ce l'ha né nei piedi né nell'anima. Lo splendido gol di Badelj dà un senso alla partita, che però, per sfortuna, si guasta subito. La sfortuna del Genoa sta nel fatto che l'arbitro non vede un fallo di Bani al limite dell'area. Lo avesse visto, avrebbe fischiato punizione e forse ammonito Bani. Ma non avendo visto il fallo ed essendo stato commesso fuori area, per compensare il clamoroso errore il VAR aveva una sola opzione: richiamare l'arbitro per dare il rosso a Bani. Un intervento forzato, più che illecito, che rovinava irrimediabilmente l'inutile partita. Veniva dunque concessa punizione dal limite e il miglior centrocampista del Genoa piazzava una barriera che lasciava scoperti due metri di porta del palo lontano. Non c'era bisogno di Zico. Bastava Mazzitelli per piazzarla lì. Un gol così lo avrebbe fatto anche Coda. Gila abbassava gli esterni e organizzava una difesa a 4. Purtroppo il centrocampo a due non poteva proteggere adeguatamente la difesa, purtroppo Aramu non ha le qualità di Gudmund nella gestione della palla, purtroppo l'Estremo Centrocampista di esibiva in un paio di servizi agli avversari e nella solita uscita a vuoto, ma in compenso era impeccabile nei tiri che gli attaccanti del Frosinone sparavano fuori. Finché, ripurtroppo, un tiro finiva nello specchio, ed era il secondo gol.
Nell'intervallo Gila non cambia e il Frosinone lascia campo al Genoa per sfruttare l'arma del contropiede. Su bella iniziativa di Hefti, Aramu sfiora la traversa con un tiro da fuori. Martinez salva molto bene respingendo un colpo di testa insidioso. Il Genoa attacca con buone trame, ma la buona volontà di Ekuban non basta a dare senso all'attacco. Così continua a ruminare calcio, ma la famosa spada di Damocle è sospesa sopra la sua testa. Il Frosinone, specialista di ripartenze, aspetta solo l'occasione buona, con la difesa rossoblu costretta dall'inferiorità numerica all'uno contro uno e soprattutto senza raddoppi sulle fasce. Entrano Puscas e Gudmund per Aramu e Salcedo, poi anche Jiagiello e Yalcin. Ma il gol del Frosinone arriva inevitabilmente e a niente serve il gol di Gudmund nel finale per un 2-3 insensato come un ombrello nel Sahara. Evento senza le vibrazioni del risultato che dimostra una sola cosa: che un arbitro scarso, con un solo episodio, può rivinare irrimediabilmente una partita. Ma è vero che l'episodio che ti viene male, al Gila capita quando non incide. Inutile fare classifiche di rendimento, vista l'inattendibilità della disposizione tattica dopo l'espulsione. Senza pressione, Badelj è di un altro pianeta, a prescindere dal gol. Bene Dragusin. Non mi è dispiaciuto nemmeno Hefti. Se nel calcio premiassero l'accanimento, come nel ciclismo, Ekuban e Sabelli sarebbero campioni del mondo in compagnia di Lapadula. Adesso divertiamoci a consumare perfide vendette. Mettiamo in campo le riserve, perdiamo col Bari e lasciamoli rosicare a un solo punto dalla meta fallita. Che si impicchino!
Complimenti al Frosinone, a cui auguro di ritornare in A fra due anni.